Buongiorno, Collezionisti!
Torniamo a parlare dello Special Event dedicato alla serie di Kerri Maniscalco. Nel mese di settembre sono usciti, per Mondadori, i primi tre della serie e finalmente, il 10 Novembre 2020, è uscito il quarto e conclusivo volume di questa serie! A caccia del Diavolo chiude il cerchio e oggi vi porto la mia recensione. Seguirà la tappa di Blog Tour che ripercorrerà questo ultimo volume in un elenco dalla A alla Z.

[Potete trovare, in caso ve li foste persi, i post su Sulle tracce di Jack lo Squartatore ai seguenti link: Blog Tour e Recensione.]

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A caccia del Diavolo - Copertina

A caccia del Diavolo

Kerri Maniscalco

In uscita il: 10/11/2020

€ 20,00

Audrey Rose Wadsworth e Thomas Cresswell sono giunti in America, una terra audace, sfrontata, brulicante di vita. Ma, proprio come la loro Londra adorata, anche la città di Chicago nasconde oscuri segreti. Quando i due si recano alla spettacolare Esposizione internazionale, scoprono una verità sconcertante: l’evento epocale è minacciato da denunce di persone scomparse e omicidi irrisolti.

Audrey Rose e Thomas iniziano a indagare, per trovarsi faccia a faccia con un assassino come non ne hanno mai incontrati prima. Scoprire chi sia è una cosa, ben altra faccenda è catturarlo, soprattutto all’interno del famigerato Castello degli Orrori che ha costruito lui stesso, un covo di torture labirintico e terrificante. Riuscirà Audrey Rose, insieme al suo grande amore, a porre la parola “fine” anche a questo caso? O soccomberà, preda del più subdolo avversario che abbia mai incontrato?

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DISCLAIMER: Il libro e tutto il materiale mi è stato fornito col consenso della casa editrice per fini pubblicitari o recensionistici.

Questa recensione potrei intitolata “Kerri, perché?”.

Perché è stata la domanda che mi sono fatta più spesso leggendo questo ultimo capitolo della serie di Audrey Rose e Thomas. I primi tre libri mi sono piaciuti molto, ne siete testimoni e le mie recensioni parlano chiaro, ma A caccia del Diavolo mi ha lasciato l’amaro in bocca.

Andiamo per ordine, in modo che possa spiegare tutto nei particolari.

La storia riprende da dove l’avevamo lasciata. Audrey Rose e Thomas si trovano a New York assieme allo zio Jonathan Wadsworth. È passata solo qualche settimana dallo sbarco dall’Etruria, il transatlantico che li ha portati negli Stati Uniti. Audrey Rose deve ancora fare i conti con una gamba ferita, che la porterà a zoppicare per sempre, e un fidanzamento imminente.

Fino a qui, tutto bene. Ho trovato che questa prima parte fosse interessante, un buon punto di inizio per questa ultima avventura. Purtroppo però il libro si perde con lo scorrere dei capitoli.

Il padre di Audrey Rose arriva a New York e acconsente al fidanzamento e al matrimonio dopo due settimane. Ovviamente, essendo solo all’inizio del libro, il matrimonio salta per il motivo più banale che possa esistere: l’interruzione alla famosa “se qualcuno conosce un motivo per cui, quest’uomo e questa donna, non possano sposarsi, parli ora o taccia per sempre”. L’impedimento si presenta sotto forma di un’altra donna, un’altra presunta fidanzata. Mi è sembrato di leggere Jane Eyre, solo che quello è un romanzo figlio del suo tempo e lì aveva maggiore ragione di esserci una rivelazione di questo tipo.

Da qui, il tracollo dell’intero romanzo. Iniziano i numerosi “perché” che ti seguono fino alla fine, alcuni fino all’ultima pagina. È come se la Maniscalco avesse esaurito le idee e si sia ispirata ad altro, facendolo male. Il matrimonio che salta con questa dinamica è uno dei cliché più popolari. Lo si trova in tantissimi libri e film e a me ha sempre dato immensamente fastidio. Avrebbe potuto trovare altri modi per far saltare il matrimonio e incastrare i protagonisti in una situazione apparentemente senza via di uscita.

Soprattutto perché il padre di Thomas, artefice di quella situazione, viene descritto come machiavellico e senza scrupoli ma non lo è mai davvero. Sì, la situazione è disperata ma è bastato un mezzo “cinguettio degli uccellini del ragno tessitore Varys” per batterlo in astuzia. (perdonatemi la citazione a Il Trono di Spade ma è l’unico modo di far capire la situazione senza fare spoiler sulla trama di questo libro.)

Dopo il matrimonio saltato, A caccia del Diavolo si riduce a una sorta di telenovelas sud americana, coi protagonisti che sospirano e si disperano in modo teatrale per il resto del romanzo. Ogni capitolo è formato da metà narrazione e metà pippe mentali dei protagonisti. “Ti amo ma non posso”, “Vorrei ma devo pensare al mio bene”, “Tu devi badare ai tuoi e io ai miei”, “Perché il mondo ci è avverso?” e altri contenuti di questo tipo vengono alternati alla risoluzione del caso.

Il caso, di per sé, non è nemmeno così avvincente. Gli altri erano pregni di mistero e indagini al cardiopalma, con molte scene che lasciavano col fiato sospeso. In questo romanzo, forse complice anche la condizione di Audrey Rose, il tutto si riduce a interminabili momenti di studio da parte dei protagonisti. L’80% del caso si basa su carpire indizi da una serie di quaderni e il restante 20% nel fare realmente qualcosa. Non faccio spoiler ma anche la costruzione del mistero è piuttosto misera. Si capisce chi è l’assassino già dalle prime pagine per via di una scelta, secondo me, sbagliata dell’autrice. Lo trovo un errore da principiante e non capisco come abbia potuto farlo dopo tre libri davvero ben strutturati.

Sì, so cosa state pensando… “Ma è come per Jack lo Squartatore! Sappiamo già chi è l’assassino perché si basa su una storia vera!” Certo ma con Jack lo Squartatore avevamo comunque da dover scoprire chi fosse realmente. Anche qui potevamo avere una situazione simile ma la Maniscalco se l’è giocata male fin da principio.

Anche la risoluzione vera e propria del caso è gestita male. È come se, a un certo punto, la Maniscalco si fosse resa conto di aver scritto già quattrocento pagine e non essere ancora arrivata a un punto importante nell’indagine. Se per tutto il libro il ritmo rischia di essere sfiancante per la sua lentezza, le ultime pagine sono una lotta contro il tempo, e contro il numero massimo di pagine. Succede più nelle ultime cento pagine che in tutte le quasi quattrocento precedenti.

I nostri eroi sono in pericolo e Audrey Rose parte all’attacco in una serie di capitoli che mi hanno ricordato molto la parte finale di Crimson Peak. Pure la mise è la stessa: camicia da notte imbrattata di sangue, capelli sciolti e arma improvvisata, trovata per caso.

Insomma, la nostra serie si conclude ma non nel modo migliore. Soprattutto perché alla fine abbiamo diversi salti temporali che ci fanno intendere che alla fine, i nostri protagonisti, abbiano fatto ciò che Audrey Rose ha combattuto per evitare per quasi tutto il libro.

La domanda quindi sorge spontanea, pure nell’ultima pagina, e rimane sempre “perché? Kerri, perché?”

Personaggi

Come sempre i nostri protagonisti sono Audrey Rose e Thomas. Nei precedenti romanzi hanno sempre avuto un’evoluzione. In A caccia del Diavolo assistiamo invece a un’involuzione.

Thomas e Audrey Rose

Audrey Rose Wadsworth si dimostra figlia del suo tempo. Per tre libri ci ha ingannato facendoci credere di essere una donna che non vuole sottostare alle convenzioni della società in cui vive. Una donna che non vuole farsi ingabbiare fra sbarre dorate ma, alla fine, ha certi comportamenti che la rendono come tutte le altre donne della sua epoca. Posso capire e darle ragione su alcune cose ma per tutto il libro predica bene e razzola male.

Capisco le sue remore per via della società in cui vive e delle conseguenze che non si abbatterebbero solo su di lei ma anche sulla sua famiglia. Capisco il cuore spezzato, capisco la giovane età ma certi comportamenti sono da disturbo bipolare. Audrey Rose, tesoro, deciditi e sii coerente. Soprattutto perché pensi alle conseguenze per tutto il libro e poi, alla fine, butti tutto all’aria e fai come ti pare? Ma allora perché frenarti per tutto il libro? Solo per creare angst nel lettore durante la lettura.

Thomas Cresswell… Thomas mi è stato rovinato con questo libro. Mi piace comunque, rimane il mio personaggio preferito e apprezzo che la Maniscalco abbia voluto esplorare la sua parte più sensibile e profonda ma anche lui ha dei comportamenti che oscillano fra due personalità non ben definite.

Capisco anche che sia un giovane di 18 anni e che quindi non abbia la maturità necessaria ad affrontare al meglio la situazione, soprattutto perché Audrey Rose ci ricorda sempre che non è bravo coi sentimenti, ma poi tira fuori delle perle di saggezza da cinquantenne navigato ed è normale chiedersi come sia possibile una cosa simile.

In generale, trovo che l’autrice sia stata pigra nel tratteggiare i nostri protagonisti in questo ultimo romanzo della serie.

Assieme a Thomas e Audrey Rose, ritroviamo alcuni dei personaggi più amati di questa serie. Abbiamo lo zio Jonathan Wadsworth, la cugina Liza, Daciana e Ileana, Noah Hale e… *Rullo di tamburi!* Mefistofele!

Grazie, Kerri, per questo palese fan service ma che è forse la cosa migliore del libro. Ritrovare questi personaggi è stata una gioia e ha dato davvero un senso di chiusura alla storia. È stato suggestivo e piacevole anche avere dei rimandi a Nathaniel, scomparso nel primo volume della serie.

Oltre ai personaggi già conosciuti, ne troviamo di nuovi. Questi non sono particolarmente legati al caso ma più alla vita di Audrey Rose e Thomas. Sono infatti la nonna materna di Audrey Rose, il padre di Thomas e Miss Whitehall, la presunta fidanzata di Thomas. Sono molto marginali, li vediamo infatti solo per qualche pagina all’interno dell’intera storia, ma hanno comunque dei ruoli fondamentali per lo svolgimento della trama. La mia preferita, fra questi tre, è sicuramente la nonna di Audrey Rose. Lei sì che è una donna che non si lascia ingabbiare e che sa come combattere all’interno di una società tanto maschilista!

Ambientazione

Ci sono due ambientazioni principali in A caccia del Diavolo. New York è la prima che conosciamo e ci spostiamo poi a Chicago, la Città Bianca. Sono diverse ma simili fra di loro. Due città americane, che ci fanno portatrici di un progresso che in realtà non è poi così reale. Chicago però è, solo apparentemente, un passo avanti. Ospita l’Esposizione Universale e le donne sono più libere che nelle altre città. Rimane comunque il fatto che, per quanto all’apparenza siano più libere, sono anche completamente abbandonate a loro stesse. Nessuno si preoccupa di loro e nessuno pensa che siano importanti come qualsiasi altro cittadino americano. Se sei donna e sei tanto impudente da andare a vivere a Chicago in cerca di indipendenza, non puoi pretendere che la società perda tempo a vendicarti in caso ti succeda qualcosa.

Questo tipo di ambientazione mi è piaciuta. Mi è piaciuto questo dualismo fra ciò che sembra e ciò che realmente è. Ho apprezzato anche la descrizione dell’Esposizione Universale e delle sue fascinazioni. In generale è una delle poche cose che trovo ben fatta all’interno di questo volume.

Stile di Scrittura

Kerri Maniscalco qui sbaglia clamorosamente. Coi primi tre era riuscita a creare un buon equilibrio fra tutte le parti del romanzo mentre in A caccia del Diavolo si perde. È come se non avesse più avuto idee e avesse cercato di metterci una toppa al meglio. In fondo, è dal secondo volume che dice che i nostri sarebbero arrivati in America e avrebbero indagato su un caso, non poteva tirarsi indietro. Il problema è che si sente la pesantezza del dover scrivere senza particolari idee.

Come già spiegato, si alternano scene di sentimentalismi e pippe mentali a eterni momenti statici di ricerca sui quaderni. È come se anche lei non sapesse esattamente come far procedere l’indagine.

Inoltre il libro è carico di incongruenze sia per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi che per la trama in sé. Sparsi per tutto il libro ci sono errori dozzinali che portano a chiedersi se a scrivere sia la stessa persona dei primi tre volumi.

Rimane comunque uno stile fluido e di rapida e facile lettura. Le scene trash e disgustose non mancano nemmeno in questo volume. Ce n’è una in particolare che mi ha disgustato ma ormai sono abituata. Ne ho trovata una in ogni volume della serie.

Per concludere, A caccia del Diavolo non è un brutto libro ma non è nemmeno la degna conclusione di una serie promettente come questa. Fosse stato il secondo o il terzo della serie, sicuramente sarei stata più clemente ma questo finale rovina l’idea generale che mi ero fatta della serie. Se siete meno pignoli di me, se vi piacciono gli spasimi plateali da amanti sfortunati e non apprezzate particolarmente le scene d’azione, questo volume fa per voi.

Lo consiglio a chi ha apprezzato i primi tre libri e vuole dare una chiusura alla storia ma se già i precedenti non hanno fatto per voi, non scomodatevi a leggere questo, se non per immaginarvi Ilenia Zodiaco e il suo “Find the logic!”.

Una conclusione non degna. Un’occasione sprecata.

VOTO: 3/5

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Bene, Collezionisti, siamo arrivati alla fine di questa tappa di Blog Tour dedicata allo Special Event Kerri Maniscalco e più precisamente al quarto libro della serie: A caccia del Diavolo. La mia recensione arriva a fine evento ma vi consiglio di andare a vedere i contenuti preparati dalle mie colleghe. Sono sicura che non vi deluderanno!

A caccia del Diavolo - Calendario 1
A caccia del Diavolo - Calendario 2