“Ciao, sono Hannah. Hannah Baker. Esatto. Non smanettate su qualunque cosa stiate usando per ascoltare. Sono io. In diretta e stereo. Nessuna replica, nessun bis e questa volta assolutamente nessuna richiesta. Mangia qualcosa e mettiti comodo, perché sto per raccontarti la storia della mia vita. Anzi, più esattamente, il motivo per cui è finita. E se tu hai queste cassette, è perché sei uno dei motivi”.

Tredici è la nuova serie targata Netflix che ha fatto il suo debutto sul piccolo schermo il 31 Marzo 2017. Tratto dall’omonimo romanzo di Jay Asher, Tredici ci racconta la storia di Hannah Baker, ragazza morta suicida, che con la sua voce ci guiderà attraverso gli episodi mostrandoci le ragioni, le tredici del titolo, per cui si è tolta la vita.

Tutto inizia quando Clay Jensen, un suo compagno di scuola, riceve una scatola in cui sono contenute delle audiocassette. Sono state incise proprio da Hannah ed ogni lato è dedicato ad un motivo, corrispondente ad un compagno di scuola da cui ha subito un torto.

Non posso aggiungere altro alla trama perché cadrei subito nello spoiler. Tutti ne abbiamo sentito parlare in questi giorni, tutti sappiamo i temi affrontati. Bullismo, depressione, violenza sessuale, suicidio. Quello che però scopriamo durante la visione, è che le azioni, anche le più piccole, possono cambiare in positivo o in negativo la vita di chi ci sta intorno. Basta un commento maligno, un pettegolezzo, un piccolo gesto per far soffrire qualcuno e portare ad una reazione a catena che potrebbe trasformare ognuno di noi in Hannah Baker. Perché Hannah, all’inizio della storia, è una ragazza come tante, piena di speranza ed aspettative per il futuro, è solare, intelligente, simpatica. Sono le azioni degli altri a trasformarla nell’ombra di sé stessa.

Non voglio dilungarmi troppo, non voglio raccontare troppo della trama. Quello che vorrei, è che tutti dessero una possibilità a questa serie. Vorrei che venisse trasmessa nelle scuole per far capire ai ragazzi di oggi, che vivono a stretto contatto con i temi sopracitati, che si può reagire, che si può chiedere aiuto e che non bisogna isolarsi, non bisogna arrendersi.

Nessuno dovrebbe più essere Hannah Baker. Nessuno dovrebbe più pensare di non avere altra scelta oltre al suicidio.

Vorrei che i ragazzi di oggi iniziassero a pensare che non tutto ruota attorno a loro stessi, che anche le persone con cui entrano in contatto sono importanti. Vorrei che si imparasse ad interessarsi agli altri invece di restare ancorati al proprio piccolo mondo, al proprio status. Che si ragionasse e si riflettesse su tutti i gesti compiuti a discapito degli altri.

Vorrei che provassero empatia per Hannah e vorrei che ne provassero anche per le compagne che con tanta facilità chiamano “Troia”, “Cagna”, ecc, senza però soffermarsi a pensare al peso delle parole che, con tanta superficialità, lanciano addosso a persone che sono nel pieno del loro percorso formativo, negli anni di maggior fragilità.

Questa serie mi ha segnato profondamente. Spesso ho dovuto interrompere la visione per riprendermi, per riflettere, per capire se in passato, anche involontariamente, io possa aver causato dolore a qualcuno.

Fatevi un favore. Guardatela.

CONSIGLIATO: Sì
VOTO: 5/5